Il Cencio
Aperiodico libertario dell'Agro Pontino
Le vanghe radicali del Guerrilla Gardening: un anno di Libero Orto
Categories: Diario
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Tre giardinieri sovversivi posano dietro al nuovo cartello del Libero Orto.

E’ il 12 febbraio 2011 quando a Latina appare il primo orto urbano di cui in città si sia mai sentito parlare. Oggi, il Libero Orto, sorto tra le spaesate palme del parco “S.Marco” (di fianco all’ospedale pubblico),  compie un anno, contando ben 20 giovani alberi che, nel tempo, rimboschiranno quel fazzoletto di terra lasciato per anni ad inaridire, con spianate di cemento ed incuria, dalle istituzioni.

Il leccio che domina la collinetta è rigoglioso, i numerosi alberi da frutta attendono la fine del freddo, la quercia sughera si fa sempre più alta e si attende con ansia, in primavera, che germoglino le 250 (e più!) ghiande presenti nella nursery arborea. Insomma le cose sembrano andare bene alle piante del Libero Orto, un avamposto verde contro la cosiddetta “civilizzazione”.

Già, poiché, per quanto vari soggetti della “sinistra istituzionale” (che comprende partiti e associazioni) o dei “movimenti di bravi cittadini” si sforzino di edulcorare la pratica del Guerrilla Gardening e ridurla ad un banale (quanto superfluo) «combattiamo il degrado piantando fiori», tali organizzazioni non potranno mai sopprimere la vena prettamente radicale del movimento globale dei giardinieri sovversivi.

Cosa c’è di più antieconomico che minare lo stesso settore primario (a ben vedere, primo passo dell’economia di mercato[1]), piantando un albero i cui frutti siano a disposizione di tutti? Cosa c’è di più anti-industriale che sovvertire gli spazi urbani, concepiti per una logica di produzione, creando piccole zone autonome dove sperimentare forme più umane di socialità e nuovi modi di concepire, perché no, il nostro rapporto con il cibo?

La creazione di iniziative di Guerrilla Gardening rimane, a tutti gli effetti, una forma di lotta che sgretola la mentalità cittadina partendo dalle sue strutture fisiche. Noi giardinieri sovversivi non abbassiamo la guardia e continuiamo ad allargare la nostra tribù libertaria coinvolgendo anche esseri di regni diversi (alla faccia dello specismo); piantiamo i semi del nostro mondo, dove la vita non è mercificata e costretta a vivere in spazi limitati e ben definiti, come in un gigantesco carcere.

Seppure il Libero Orto sia un contributo relativamente modesto a queste grandi battaglie globali contro capitale e industrializzazione, siamo felici che tale progetto sia arrivato fin qui; siamo contenti che un esempio di quanto istituzioni, denaro ed industria alimentare siano superflui e parassitari al fine del benessere umano (quello vero, non quello misurato dal PIL!), sia riuscito a sopravvivere ad un ambiente avverso; e siamo entusiasti all’idea che il movimento di “custodi” del Libero Orto stia diventando sempre più ampio e sempre più frammentato: che ci crediate o no, attualmente nessuno dei partecipanti ha un’idea precisa dell’identità di tutti i fautori di questo orto libero.

Alla luce di questi successi, nel primo anniversario della nascita del progetto, i giardinieri sovversivi hanno festeggiato apponendo cartello di legno pirografato in cima alla collinetta su cui il Libero Orto è, si può dire, appoggiato (pubblichiamo una foto pervenuta).

Non ci resta che sperare che questo “seme piantato nel cemento” possa germogliare e dare vita a tante altre iniziative simili dentro e fuori dalla città. Declinando uno slogan critico nei confronti del movimento degli “Indignados”, «Piantiamo grane, non tende!».

 

Gerri P. Malerba


 

[1] Per un primo approfondimento, puoi leggere l’opuscolo “Avant-gardening” di Petern Lamborn Wilson, Ed. Nautilus

3 Comments to “Le vanghe radicali del Guerrilla Gardening: un anno di Libero Orto”

  1. vanessa ha detto:

    grandissimi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!