Il Cencio
Aperiodico libertario dell'Agro Pontino
MIRANDOLA, allarme rosso per la capitale italiana del biomedicale
Categories: Diario

(Riceviamo e pubblichiamo)

La frase che avete sentito più spesso in questi giorni è senz’altro “bisogna far ripartire subito le aziende”; in questo breve articolo alcuni spunti per comprendere meglio la situazione.

Per comprendere dovete prima capire che Mirandola (http://it.wikipedia.org/wiki/Mirandola) è una città emiliana atipica. Non si tratta di una grande città, pur contando circa 25.000 abitanti si trova al di fuori da ogni altro circuito industriale per le sue peculiari caratteristiche di isolamento geografico; per raggiungere la pur vicina Modena (circa 35 km) sono necessari dai 50 agli 85 minuti percorrendo la “diretta” statale 12 in condizioni di traffico moderato; per arrivare a Bologna la via più breve richiede dagli 85 ai 100 minuti, sempre in condizioni di traffico contenuto. Verona, all’altro capo della statale 12, una stretta e pericolosa statale piena di curve che attraversa moltissimi centri abitati in entrambe le direzioni, è ad anni luce.

Mirandola non è raggiunta da alcuna autostrada, l’ingresso più vicino, a 45 minuti, è l’entrata di Carpi. Non va meglio con il trasporto ferroviario: la stazione è a 5 km dal centro… 5 km in mezzo ai campi, non serviti da alcuna linea di autobus (tranne che all’ora di andata e ritorno degli studenti) e chiunque giunga in questo luogo impreparato deve affidarsi all’unica auto pubblica con autista disponibile. Se è disponibile… altrimenti si va a piedi. Degli aereoporti non parliamo neanche, raggiungerli è complesso quanto lo era per un crociato raggiungere la terra santa. E questo prima del terremoto!

Nonostante queste condizioni logistiche di estrema difficoltà la città, storicamente ricca e contadina, fiera delle proprie caratteristiche di “piccola capitale” (n.d.r.: percezione diffusa nella popolazione, non si tratta di retorica patriottarda… il sentimento diffuso di ostilità all’aprirsi ulteriormente al resto del mondo, nonostante ciò andasse in controtendenza con gli interessi economici in espansione ha nel corso dei decenni demotivato la politica ad esercitare pressioni sul governo centrale perchè venissero realizzate opere pubbliche atte a migliorare i collegamenti viari) di questa estrema propaggine nord della provincia di Modena ha avuto una serie di occasioni meravigliose che gli ha consentito di entrare nell’era industriale con pochissimi traumi. Dapprima ha potuto sfruttare le proprie risorse agricole e commerciali, poi ha reinvestito divenendo comprimaria nel settore meccanico senza alcuno sforzo in innovazione poiché in esso cui primeggiano le città a sud con cui era possibile collaborare per importare tecnologie e condividere mercati. La vera svolta però è giunta grazie ad uno stimato personaggio locale, il farmacista Mario Veronesi (http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Veronesi) che fin dai primi anni ’60 intuì le enormi possibilità di sviluppo del comparto medicale (e l’enorme profitto garantito dai prodotti dello stesso in un contesto di boom economico… termine che significa: talmente tanti affari a disposizione da poter entrare sul mercato anche senza sottostare a grossi ricatti) ed iniziò a fondare un’azienda dopo l’altra. Visto a posteriori il suo metodo di lavoro era indiscutibilmente il seguente: fondava un’azienda, la portava all’apice delle sue possibilità, la vendeva a qualche grande gruppo industriale interessato ad entrare nell’affare e, con i proventi della vendita, anziché andare a prendere il sole su una spiaggia tropicale, fondava un’altra azienda, stesso settore, prodotto diverso… e il ciclo ricominciava… e ha continuato a farlo sino ad oggi, benchè il suo ideatore locale sia ormai 80enne.

Diamo atto al Dr Veronesi dei suoi meriti e passiamo oltre, ma teniamo presente che non vi ho raccontato queste cose come “colore locale”, sono parte integrante delle informazioni di cui avete necessità per capire cosa sta accadendo…e non ho dubbi che i più smaliziati tra voi, giunti a questo punto hanno già una serie di allarmi che gli risuonano per la testa! Ma dato che ci sono anche i giovani e gli inesperti che da qui in avanti saranno guidati mano nella mano verso la verità! 🙂

Nel corso del tempo, il settore medicale è divenuto l’affare principale della città e delle località limitrofe… il che significa una decina di grandi aziende, cui si affiancano decine di piccole aziende, alcune in affari nel settore con prodotti proprietari, la maggioranza di indotto, ossia fabbricanti di parti (o venditrici di lavoro conto terzi su materiali delle “grandi”, poiché i prodotti di cui parliamo necessitano nonostante tutto moltissime ore di lavoro manuale) destinate alla produzione dei dispositivi medicali, fornitrici di servizi vari e quant’altro serve per tenere in funzione questa macchina produttiva così remunerativa, avanzata… e haimè… unica in Italia. Non che aziende medicali non esistano altrove, ma in nessuna altra parte del paese si trova(va?) una simile concentrazione di aziende in saldo ATTIVO.

Paradossalmente, oggi, proprio la natura di questo favoloso sviluppo economico, che ha portato ingenti ricchezze a pochi, ricchezza ad alcuni, sostentamento a molti, è ciò che rende possibile una DESERTIFICAZIONE TRAUMATICA del comparto industriale e della dimensione sociale di questi luoghi.

Chi è proprietario, oggi, delle aziende medicali di Mirandola? Perchè il sindaco Maino Benatti comincia a preoccuparsi?

http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2012/06/01/news/le-multinazionali-stanno-gia-pensando-a-delocalizzare-1.5187460

 Perchè conosce ogni cosa del distretto medicale di Mirandola…

 http://it.wikipedia.org/wiki/Distretto_biomedicale_di_Mirandola

 …e comincia a rendersi conto che avere le multinazionali in casa è un’arma a doppio taglio… egli sa, anche se credo non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura, che già poche ore dopo il sisma, in lontani consigli di amministrazione, è iniziata un’attività febbrile attorno alle domande:

Quanti danni ha subito l’azienda? E’ economicamente conveniente risanarla? Quanto tempo ci vorrà? Nel frattempo dove continuiamo la produzione? Quanto costa far divenire permanenti le attività nel sito alternativo in modo da evitare un nuovo trasferimento su Mirandola?

Ovviamente i media preferiscono attirare l’attenzione del pubblico sulle immagini delle davastazioni, sulla stucchevole retorica da libro Cuore e, OVVIAMENTE, sulle raccolte di denaro “a favore di”.

Purtroppo, per Mirandola, la situazione è gravissima. Gran parte delle multinazionali che operano sul territorio hanno ottime alternative a costi assai inferiori rispetto ad uno stop di mesi ed alla ricostruzione da zero dei siti produttivi…L’unico punto a favore è il fatto che essendo un’enclave chiusa, i lavoratori già formati per le mansioni sono residenti lì in massima parte…e di sicuro non molti se ne andranno a breve…scommettereste, nel 2012 sulla valorizzazione delle risorse umane?

Il più potente collante e fattore attrattivo in un contesto come questo poteva invece essere la RICERCA…un polo e un consorzio scientifico con base di edilizia pubblica (magari antisismica, tanto per cambiare), in cui fossero concentrate conoscenze lì coagulate e stratificate, supportate dalle università, avrebbe potuto essere motivo sufficiente per affrontare spese ingenti di ricostruzione. Peccato che il pubblico sia stato assente (pur avendo riversato in altri modi fiumi di denaro finiti nelle casse dei privati) e che le aziende operanti nel mirandolese abbiano macellato la ricerca, considerandola una spesa improduttiva, già da più di 10 anni. Peccato che la più brillante (e stimata a livello internazionale) docente universitaria della zona, la Dr.ssa Gatti, operante al Politecnico di Modena sia stata ignobilmente “svillaneggiata” per aver affermato (e documentato) la nocività per la salute umana delle polveri in ambito civile e militare, anziché sostenuta e finanziata.

http://www.youtube.com/watch?v=FBvOZVg-Q-g

http://www.youtube.com/watch?v=NpnctLK5jpI

Ora che il quadro generale ha cominciato a delinearsi anche agli occhi di chi mai prima si era interessato all’argomento, mettiamo sul tavolo alcune speculazioni che ci aiuteranno a capire meglio cosa può accadere quando un distretto simile a quello descritto viene colpito da una pesante catastrofe naturale.

N.B. Da qui in avanti il testo assume i caratteri di opera di fantasia ed ogni riferimento a luoghi o entità realmente esistenti è casuale.

Siate indulgenti e ricordate che viviamo nel paese delle intimidazioni a mezzo tribunale, in cui se parli di qualcuno quello ti fa causa per 10 milioni di euro per presunti danni…e se la perde non è che sia costretto a darli lui a te.

U.Z.D.P. _ Si tratta di un gruppo di investimento finanziario…non fondano aziende, le comprano in base a sicuri criteri di redditività. Ora il polo produttivo che hanno acquisito nel distretto è gravemente danneggiato, gli scenari più probabili sono la ripresa immediata in altri spazi, altrove, o l’acquisizione di un’azienda simile ovunque sia nel mondo. E’ un gruppo in cui i dipendenti vivono da sempre nell’angoscia che una fluttuazione dei valori azionari causi la chiusura delle attivita.

C.F.M.M.D.M. _ si tratta di un’azienda satellite di un gruppo multinazionale nazionale, operante praticamente in perdita da un decennio e tenuto in attività con il saldo attivo del gruppo, ha una piccola fetta del suo mercato e la sua ragione di esistere era il completamento del catalogo che consentiva di offrire soluzioni a tutto campo ai centri trasfusionali, che un tempo integravano appieno le attività di dialisi, le strutture sono gravemente danneggiate, la chiusura è un rischio più che reale. Le voci di chiusura del sito si susseguono da molti anni, così come l’assenza totale di qualsiasi investimento rilevante.

T.M.S.J.O. _ sito produttivo di un gruppo multinazionale nazionale, è stato danneggiato in modo non noto, di sicuro si sa solo che tutti i dipendenti del gruppo in zona sono stati messi in cassa integrazione a tempo indeterminato (si parla di almeno sei mesi), qui si tenga presente che parte delle sue attività erano state lì importate da altri siti, nei quali le attività potrebbero essere riprese in breve tempo.

I.B.F.N.B.U.S.M.O.J.D. _ l’azienda è stata completamente distrutta. Probabile la sua ricostruzione se ne avranno le capacità finanziarie, tempi incerti.

B.S.J.F.T. _ la media azienda è stata pesantemente danneggiata dal secondo sisma. Improbabile la sua ricostruzione.

H.B.N.C.S.P. _ enorme sito produttivo di una multinazionale che si occupa di dialisi, danneggiato in modo non ben comprensibile, pochi anni or sono le attività del sito italiano sono state riviste e ristrutturate, è stato costruito un enorme magazzino automatico, estremamente costoso della cui integrità non si sa nulla. La sopravvivenza di questa enorme macchina può fare la differenza tra la volontà di continuare le attività in loco o trasferirle.

In aggiunta si tenga presente che nel nostro luogo di fantasia i sindacati di ogni colore sono da sempre uno strumento nelle mani di tali grandi gruppi (eccetto uno).

Queste speculazioni sono sufficienti per comprendere la gravità della situazione.

Se i siti produttivi maggiori decideranno di delocalizzare, anche solo per una significativa quota percentuale sul totale, le aziende minori operanti su prodotti proprietari verranno a trovarsi in un luogo che da centro diverrà periferia; il danno maggiore impatterà su ciò che si chiama comunemente indotto poiché le numerose aziende fornitrici di servizi, spesso verso un’unico cliente, si troveranno nell’impossibilità di proseguire le attività. I produttori di beni, che finora avevano calibrato le proprie attività produttive (principalmente aziende di stampaggio plastica e imballaggi) saranno costrette a chiudere per mancanza di una quantità sufficiente di clienti nel caso peggiore, a perdere competitività sui prezzi nel caso di una maggiore incidenza dei costi di trasporto, a ridurre la produzione nel caso della perdita parziale delle commesse.

Se facevi gli annaffiatoi di plastica e ti sei convertito allo stampaggio del PCV per servire cinque, sei grandi aziende, tanto per capirci, anche se non hai avuto danni ti trovi in casa una macchina che stampa milioni di pezzi/mese, la cui esistenza è legata a certi numeri di produzione, sotto i quali diviene antieconomica.

Alla luce di quanto detto sinora forse, adesso, per qualcuno la frase “è necessario investire in ricerca” sarà una formula meno vuota. Non so che accadrà domani, so per certo invece che ogni volta, negli ultimi venti anni, che questa frase è stata pronunciata, l’intento non era intervenire perchè divenisse realtà, ma esorcizzare un fenomeno di dismissione delle attività relative in atto, o prossime a divenire una spiacevole realtà…e con questo termino con la consapevolezza di avere un poco “snebbiato” anche le motivazioni occulte degli stravaganti “cervelli in fuga”.

Nota finale: L’inadeguatezza del governo, ma sarebbe meglio dire di un “sistema paese” cresciuto nel mito di un impossibile sviluppo totalmente affidato ai privati, senza piani di emergenza efficaci e pronti all’immediata attuazione (penso a qualcosa di ben più complesso che impacchettare quattro tende e una cucina) in casi come questo è palese se si pensa a cosa si è dedicata la politica in questa settimana: una riforma del lavoro che è la macellazione del lavoro che non esiste e una bella parata per festeggiare una repubblica in cui pare ormai credere solo chi ha deciso che le case pidocchiose, i disoccupati che frugano nei cassonetti e i migranti trattati come bestie non sono un suo problema. Un intervento deciso ieri sarebbe stato già in ritardo, le lancette dell’orologio corrono.

ZeroFanzine

http://zerofanzinecln.blogspot.it/

3 Comments to “MIRANDOLA, allarme rosso per la capitale italiana del biomedicale”

  1. ZeroFanzine ha detto:

    Link di aggiornamento:

    http://gazzettadimodena.gelocal.it/cronaca/2012/06/05/news/gli-industriali-colpiti-chiedono-capitali-e-tempi-rapidissimi-1.5205228

    GLI INDUSTRIALI COLPITI chiedono l’immediato pagamento degli arretrati dalla pubblica amministrazione e FINANZIAMENTI A FONDO PERDUTO.

  2. ZeroFanzine ha detto:

    Se pensate Che i soldi che Vengono raccolti per il #terremoto servano per far ripartire il lavoro leggete bene le ultime righe http://finanza.lastampa.it/Notizie/0,470421/Sorin_aggiornamento_su_situazione_stabilimento.aspx