Come molti di voi già sapranno, nella notte di lunedì 13 maggio, in Val Susa, un gruppo di trenta attivisti, definiti “incappucciati” dalla stampa comune, hanno tagliato le reti del cantiere che occupa militarmente la Val Clarea e messo a segno un attacco incendiario alle infrastrutture del cantiere: durante l’azione, durata meno di un quarto d’ora, c’è stata una vittima: un compressore da cantiere.
Quantomeno, il termine “vittima” è ciò che la stampa generalista vuole far passare, equiparando un pezzo di metallo inanimato ed adibito a grandi devastazioni ad una vita umana (che in fondo, diciamolo, è la loro massima aspirazione).
Dopo questi fatti e l’enorme lavoro mediatico dei soliti pennivendoli che gridano al “terrorismo”, il movimento NO TAV non si è fatto di certo fregare, producendo un bellissimo comunicato che segna un nuovo passo nella storia del movimento più vincente ed efficace nella storia delle lotte popolari degli ultimi anni in questa penisola.
In particolare, questo passo risulta fondamentale:
«Ribadiamo che il tagliare le reti e il colpire macchinari sono azioni non violente.»
Un vero smacco! Quando mai, recentemente, un movimento ha avuto il coraggio di unirsi a se stesso, invece fare il delatore contro quelli che il potere considera “violenti”? Ricordo i caroselli dei cosidetti pacifisti, il 15 ottobre 2011 a Roma, il 3 luglio dello stesso anno in Val Susa e in mille altre occasioni che, analogamente a quanto desidera il potere, hanno equiparato la violenza (comunemente intesa come contro le persone) al danenggiamento di vetrine di assicurazioni, banche, SUV, telecamere ed altre periferiche di questa società basata sull’industria.
Pacifisti che sembrano ignorare, parlando solo del movimento No Tav, le manganellate, gli arresti, le intimidazioni,le demolizioni di fabbricati ancora presidiati… questi tutti fatti ai danni di persone; ancora una volta, si rendono complici dell’autorità.
Con questo comunicato, se finora avevate dubbi, il movimento No Tav ha dunque preso una decisione chiara, lineare: il movimento è unito attorno e contro la nocività del Tav, e non si fa certo ingabolare e dividere da qualche trucchetto mediatico in cui, oramai, cascano solo i più sinceri reazionari (rossi o neri, fa poca differenza).
Mentre media prezzolati, politici e lobbysti di ogni risma gridano al terrorismo e promuovono la censura sistematica, la lotta No Tav, sempre all’avanguardia rispetto al resto del paese, è oggi anche la prima realtà ad ampio spettro ad abbracciare, finalmente, il property damage (danneggiamento, attacco alla proprietà) come efficace strategia di lotta, inserendosi in un percorso che, ad voler avere una visione globale, affonda le sue radici nei fatti di Seattle e nella pratica della green-anarchy (di cui ricordiamo John Zerzan come uno degli esponenti più in vista).
Personalmente, attendo al varco gli istuzionalisti: chissà se daranno finalmente carta bianca al loro spirito prono a questo stato di cose, o saliranno sul carro dei vincitori abbandonando (o nascondendo?) i loro vecchi a priori.
Spero, in ogni caso, che il movimento No Tav funzioni ancora una volta da esempio per tutte le lotte contro le nocività di questo paese: dalle numerose altre perforazioni del Tav al Muos in Sicilia, dalle trivellazioni Eni in Lucania agli sversamenti di acque radiattive del CISAM a Pisa; dai siti di stoccaggio nucleare in provincia di Latina all’Ilva di Taranto, dalla geotermia sull’Amiata alle basi militari in Sardegna.
Basta non farsi fottere. Basta non farsi dividere. Basta volerlo.
Ora e sempre NO TAV.
Gerri P. Malerba