[Con piacere pubblichiamo questo articolo, datato 3 aprile 2014, dalla piattaforma NOBORDERSARD, collettività anticarceraria e antipsichiatrica dalla Sardegna]
Ultimamente, per alcuni processi di carattere politico, giudici e p.m. hanno deciso per dei processi in video conferenza.
In pratica vien IMPOSTO al prigioniero di essere interrogato e quant’altro tramite video collegati con l’aula di tribunale, evitando quindi che si debba spostare dalla struttura detentiva perché elemento ritenuto pericoloso.
Questo tipo di provvedimenti segue le direttive del DIPARTIMENTO DI AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA e della COMUNITÀ EUROPEA che con una circolare consiglia caldamente questo tipo di operazione.
Il provvedimento ha un carattere ben preciso: evitare che il detenuto o detenuta possa spaziare lo sguardo al di fuori delle mura carcerarie anche solo per un attimo; evitare che il detenuto o la detenuta possa sentire la solidarietà fisica ed il calore delle persone solidali; aumentare il carattere punitivo della detenzione; abbattere i costi dei trasferimenti.
Per quanto riguarda il carattere morale di questo provvedimento è indubbia la volontà dei persecutori di disumanizzare il detenuto sino al punto da renderlo un’immagine in un video, la gestione della trasmissione sarà inoltre affidata al giudice che potrà a sua discrezione spegnere ed accendere il microfono del prigioniero. Attraverso provvedimenti come questi l’intento è sempre quello della vendetta dello stato contro chi lo contesta rendendolo un’immagine fredda a dispetto del calore che anima chi vorrebbe un mondo diverso.
Per chi avesse dei pruriti legalisti potrebbe interrogarsi sulla legittimità di provvedimenti di questo tipo.
Di seguito riportiamo due comunicati sui recenti esempi di processi per videoconferenza avvenuti in Italia.
tutte liberi!!!!
[Per leggere i comunicati, rimandiamo alla fonte.]